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contatto chirurgo oculista

10/02/2019Criteri applicativi nel caso di pazienti affetti da cheratocono

PREMESSA
E’ ormai ben noto sia ai professionisti della visione sia ai pazienti cheratoconici che le ectasie quali il cheratocono sono patologie della cornea con caratteristiche progressive solitamente lente e non prevedibili. L’obiettivo di questo breve trattato è l’illustrazione dei differenti sistemi ottici di compensazione dei difetti visivi dati dal cheratocono. Lascio la parte prettamente chirurgica ai professionisti competenti, clinici o chirurghi.
Il cheratocono, e tutte le ectasie della cornea, producono difetti refrattivi irregolari e asimmetrici definiti, nel complesso, aberrazioni.
Le aberrazioni sono distorsioni/deviazioni del cammino ottico del raggio luminoso che, in assenza di ostacoli, si muoverebbe in modo rettilineo. I difetti refrattivi comunemente conosciuti come miopia, ipermetropia ed astigmatismo sono delle aberrazioni definite semplici, generalmente compensabili con un normale occhiale da vista. Al contrario, le aberrazioni più complesse, come quelle prodotte dal cheratocono, introducono uno sfuocamento dell’immagine non correggibile con l’occhiale: in questo caso, le soluzioni compensative di elezione sono le lenti a contatto o la chirurgia refrattiva.

SCELTE COMPENSATIVE
Partendo dal presupposto che non esiste alcuna terapia per il cheratocono, le soluzioni adottate saranno esclusivamente di compensazione, con fine ultimo un’adeguata percezione visiva, ottenibile mediante un visus elevato e confortevole. Parlo di percezione visiva, e non di visione, poiché molto spesso i famosi 10/10 non sono un buon punto d’arrivo: soprattutto nel caso delle ectasie, si possono ottenere dei 10/10 disturbanti e degli 8/10 confortevoli.
Il contattologo ricercherà quindi la soluzione meno invasiva, più efficace e più rispettosa della fisiologia oculare, seguendo, in genere, un elenco di procedure, dalla più semplice alla più complessa:
1) occhiali;
2) lenti a contatto morbide usa-e-getta o mensili;
3) lenti a contatto morbide spessorate per cheratocono;
4) lenti a contatto semirigide (RGP) per cheratocono;
5) soluzioni piggy back (lenti morbide + RGP);
6) lenti semi-sclerali e sclerali;
7) lenti ibride (lenti con il centro RGP e periferia morbida).
Sarà compito dello specialista illustrare al paziente i pro ed i contro di ogni scelta, ricordando che non sempre un cono ad uno stadio avanzato necessita di una compensazione sofisticata: in alcuni casi, una semplice lente morbida può essere risolutiva anche per un cheratocono al terzo stadio.
Naturalmente, ogni soluzione ha delle potenzialità ma anche dei limiti: visivi, sensoriali e fisiologici. Tra questi, solamente i limiti fisiologici sono vincolanti: non deve presentarsi alcun tipo di sofferenza oculare e le ore di utilizzo giornaliero confortevole devono essere adeguate (8-12), così da garantire una buona qualità della vita.
Gli aspetti sensoriali e visivi sono tipicamente soggettivi: la visione ed il confort ottenuti da una lente a contatto sono senza dubbio importanti ma, come abbiamo appena visto, devono essere sempre accompagnati da una buona fisiologia oculare.

CONCLUSIONI
Avrei desiderato entrare nel merito di ogni singola scelta compensativa, ma le variabili che contraddistinguono ogni singolo caso sono talmente disparate e imprevedibili da rendere una simile trattazione poco efficace.
Tuttavia, consiglio ogni persona che si trovi ad affrontare questo delicato momento a porsi delle domande: sono state vagliate e provate tutte le possibilità? Sono state spiegate e confrontate alla luce della storia clinica e delle topografie corneali?
Esorto inoltre professionisti e pazienti ad abbandonare l’idea del “ci si deve abituare”: una buona soluzione applicativa entra nella quotidianità di una persona in 10-15 giorni, oltre i quali il paziente deve avere il diritto di rinunciare al percorso intrapreso.
Per concludere, credo sia utile trattare brevemente il tema consenso informato, pratica purtroppo poco diffusa in Italia. Le lenti a contatto sono dei dispositivi medici invasivi e temporanei, e come tali devono garantire il rispetto della salute oculare.
Il consenso informato è un documento di tutela per professionista e paziente che deve essere redatto e firmato all’inizio di un percorso applicativo, dove entrambe le parti dichiarano di essere a conoscenza delle potenzialità e dei rischi del dispositivo in questione.
Il professionista deve riportare i dati di tracciabilità del dispositivo, le norme di manutenzione e di utilizzo delle lenti e le possibili complicanze nel caso in cui il paziente non dovesse osservare le procedure indicate dallo specialista. Il paziente dichiara invece di aver compreso l’importanza della prevenzione, della cura delle lenti e dei controlli periodici. Tutto ciò nella speranza di un rapporto chiaro e di fiducia, dove nulla deve essere lasciato al caso.

 

Luca Avoni e Pietro Gheller

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